Sottocommissione clinica (SCC) della Commissione federale per le questioni inerenti l'AIDS (EKAF): Raccomandazioni concernenti l'esposizione all'HIV nell'ambito sanitario Misure generali, chemioprofilassi e annuncio


Sottocommissione clinica (SCC) della Commissione federale per le questioni inerenti l'AIDS (EKAF): Raccomandazioni concernenti l'esposizione all'HIV nell'ambito sanitario Misure generali, chemioprofilassi e annuncio


(Bulletin dell'Ufficio federale della sanità pubblica 1997)


1. Introduzione

Persone che lavorano in ambito sanitario sono soggette, in caso di contatto con sangue o altri liquidi biologici, al rischio di contagio con l'HIV. Questo rischio é comunque estremamente piccolo.
Alla fine del 1995 erano note a livello mondiale 223 infezioni da HIV acquisite probabilmente sul posto di lavoro. In 79 casi é stato possibile documentare la sieroconversione con test HIV consecutivi. Negli altri casi si é constatata una sierologia HIV positiva dopo una possibile esposizione occupazionale, senza che vi fossero altri fattori di rischio concomitanti (1).
La maggior parte delle infezioni sul lavoro sono avvenute dopo una ferita con aghi da siringa o con un oggetto affilato, mentre solo in casi isolati dopo esposizione di mucose o pelle non intatta al sangue. Queste informazioni tengono in considerazione unicamente i casi annunciati e documentati e sottostimano sicuramente la realtà (2). Studi prospettivi, condotti in differenti paesi su un totale di oltre 6000 pazienti, permettono di stimare il rischio di trasmissione dopo esposizione percutanea a sangue HIV-positivo attorno allo 0.3% (1). Il rischio in caso di esposizione delle mucose viene stimato a 0.03%. Tale valore deriva dall'analisi di un collettivo di 2885 persone nel campo sanitario con esposizione delle mucose e un'unica sieroconversione documentata (1). Sebbene questi dati indichino che il rischio di acquisire un'infezione HIV sul posto di lavoro sia estremamente piccolo, le conseguenze di una tale infezione sono evidentemente gravi. Dato che non é disponibile alcun vaccino, tutti gli sforzi devono essere rivolti alla prevenzione primaria dell'esposizione all'HIV.


1.1 La situazione in Svizzera

Nel gennaio 1989 l'Ufficio federale della salute pubblica ha invitato tutte le istituzioni nel campo sanitario ad annunciare tramite un formulario l'esposizione all'HIV sul posto di lavoro. Era stato anche consigliato di eseguire una sierologia HIV nelle persone esposte a 0, 3 e 6 mesi dopo l'esposizione. Per la Svizzera romanda e il Ticino i risultati sono stati raccolti presso l'Ospedale universitario di Losanna, mentre per la Svizzera tedesca presso l'Ospedale universitario di Zurigo. Fino al 31.12.1995 é stato registrato un totale di 567 esposizioni all'HIV, ivi compresi 42 casi prima del 1989. Si tratta in dettaglio di 335 ferite e 216 esposizioni muco-cutanee (nei rimanenti formulari mancava l'informazione). In riferimento alle ferite, nel 58% dei casi l'esposizione concerneva il sangue e nel 13% dei casi altri liquidi biologici. 29% dei casi non erano specificati. Un test HIV a 0 e 3 mesi é stato effettuato in 256 persone con una ferita e in 118 persone con altro tipo di esposizione. Fino ad ora in Svizzera sono stati registrati due casi di trasmissione dell'HIV sul posto di lavoro. Il primo caso in Svizzera é stato descritto nel marzo 1995 (3). Un'infermiera, mentre stava eliminando un ago nell'apposito contenitore, si ferì con un altro ago. Sul medesimo reparto in quel periodo era ospedalizzato un paziente con AIDS. In seguito é stato possibile dimostrare che l'ago responsabile dell'infezione proveniva effettivamente da questo paziente. Tre mesi dopo l'incidente si dovette constatare una sieroconversione. In un secondo caso pure in relazione con una ferita da ago si é verificata una sieroconversione in un'infermiera. Subito prima di ferirsi accidentalmente, l'infermiera aveva eseguito un'iniezione ad un paziente con AIDS in condizioni terminali.



2. Prevenzione primaria

Il principio della prevenzione primaria dell'infezione HIV e di altre malattie trasmesse attraverso il sangue si fonda sull'uso sistematico di misure che impediscono ogni contatto con sangue o liquidi biologici, indipendentemente dallo stato sierologico del paziente (precauzioni generali). Queste misure sono già stata descritte in dettaglio in una pubblicazione dell'INSAI (4) e si possono riassumere nel seguente modo:
é necessario intraprendere ogni misura precauzionale per impedire ferite del personale, in particolare ferite accidentali con aghi contaminati o altri oggetti taglienti. Si deve assolutamente evitare ogni manipolazione di aghi usati ed in particolare il rincappucciamento dell'ago (re-capping). Inoltre devono essere resi disponibili dei contenitori resistenti per l'eliminazione corretta di oggetti appuntiti e taglienti. Nel frattempo sono stati sviluppati prodotti con speciali misure di sicurezza, come ad esempio aghi che dopo l'uso si ricoprono automaticamente con una guaina protettiva. L'utilità di questi sistemi non é stata ancora dimostrata. In tutti i casi in cui un contatto con sangue o altri liquidi biologici (o uno spruzzo di tali fluidi) non può essere escluso, si raccomanda di portare guanti (ed eventualmente occhiali, maschera e tunica protettiva). In questo ambito é opportuno ricordare la necessità di una protezione vaccinica contro l'epatite B. I quadri nelle differenti istituzioni sono responsabili della diffusione e messa a disposizione dei mezzi di prevenzione.



3. Misure dopo una ferita o altra esposizione a sangue o altri liquidi biologici potenzialmente contagiosi


3.1 Definizione

Le seguenti esposizioni con sangue o altri liquidi biologici potenzialmente contagiosi sono da considerarsi significative:

  1. ferite con oggetti contaminati da sangue o altri liquidi biologici. In base alla tabella 1 si devono considerare i seguenti fattori di rischio:
    1. ferita profonda
    2. sangue visibile sull'oggetto che procura la ferita
    3. l'oggetto che ha procurato la ferita era stato in precedenza in contatto con un vaso sanguigno (arterioso e venoso) di un paziente indice
    4. paziente indice con AIDS in stadio terminale
  2. esposizione della mucosa o della pelle non intatta a sangue o liquidi biologici visibilmente contaminati da sangue
  3. esposizione a concentrati di particelle virali in sospensione


Sebbene in linea teorica delle lesioni cutanee non visibili possono rappresentare una porta d'entrata, il contatto del sangue o altri liquidi biologici con una pelle evidentemente intatta, non viene considerata un'esposizione significativa, ad eccezione di un contatto con una grande quantità di sangue o contatto che dura per un periodo prolungato (parecchi minuti). Si raccomanda di risciacquare con acqua e sapone e di procedere ad una disinfezione. Sebbene molti virus (tra cui l'HIV) si inattivino rapidamente all'aria (5, 6), tutto il materiale contaminato in ambito sanitario deve essere considerato come potenzialmente contagioso, a meno che tra contaminazione ed esposizione sia intercorso un periodo prolungato di tempo (parecchie ore).


3.2 Misure urgenti


3.3 Misure riguardanti l'HIV dopo un'esposizione
(per l'epatite si veda la pubblicazione dell'INSAI: ÑPrevenzione delle infezioni trasmesse attraverso il sangue nell'ambito sanitarioÉ (4))

Le misure ulteriori da eseguire dipendono dal rischio relativo di una trasmissione dell'HIV e sono riassunte nella figura 1 . Immediatamente dopo l'evento accidentale occorre chiarire se:

  1. nel paziente indice é potenzialmente o sicuramente presente un'infezione da HIV e in caso affermativo, in quale stadio dell'infezione si trova il paziente
  2. si tratta di un'esposizione significativa, ossia esiste sulla base del tipo di esposizione un rischio di trasmissione dell'HIV

Per gli accertamenti riguardanti il primo punto il fattore tempo gioca un ruolo decisivo. Nel caso si renda necessaria una profilassi antiretrovirale, quest'ultima dovrebbe essere iniziata al più presto. La decisione in merito é sicuramente semplice quando nel paziente é conosciuta un'infezione HIV. Spesso questa informazione non é però disponibile, per cui sulla base di informazioni anamnestiche, tipo e ubicazione dell'istituzione e altri fattori ancora, occorrerà stimare la probabilità di essere confrontati con un'infezione HIV. In taluni casi non sarà comunque possibile escludere in modo definitivo un'infezione HIV nel paziente indice. D'altra parte studi con esecuzione sistematica del test HIV in pazienti ospedalizzati, hanno permesso solo in rari casi di identificare infezioni da HIV non conosciute in precedenza. Inoltre il rischio di trasmissione in caso di un'infezione HIV asintomatica risulta inferiore al rischio in caso di AIDS terminale, nel quale la viremia elevata rappresenta un'importante fattore di rischio. In caso di dubbio deve essere iniziata una profilassi ed in seguito si eseguirà un test HIV nel paziente indice (si veda il capitolo 3.4). Se il risultato del test é negativo, la profilassi può essere interrotta. Questa procedura presuppone la possibilità di ottenere rapidamente il risultato del test HIV.
Un influsso decisivo sul rischio di trasmissione deriva dal modo in cui é avvenuta l'esposizione. I fattori di rischio sono riassunti nella tabella 1. La stima del rischio individuale può servire come punto di riferimento per porre l'indicazione ad una profilassi. In caso di dubbio, considerata la dimostrata efficacia della profilassi e le gravi conseguenze del possibile contagio, l'uso dei farmaci é raccomandato.
Affinché una profilassi possa essere iniziata al più presto, ogni persona esposta deve essere in grado di reperire rapidamente un medico che conosca le misure necessarie e sia in grado di applicarle al più presto. Ogni istituzione deve definire la procedura in caso di esposizione ed é responsabile di informare adeguatamente i collaboratori. Il medico deve decidere sulla base del colloquio con le persone coinvolte (paziente indice e persona esposta) quali misure devono essere prese per determinare se si tratti effettivamente di un'esposizione all'HIV. Egli deve poter stabilire il grado dell'esposizione in base alla dinamica dell'incidente e al tipo di strumento all'origine della ferita. Inoltre deve riflettere sull'eventualità di intraprendere ulteriori passi (misure per impedire nuovi incidenti, altri interventi profilattici e terapeutici, ecc). Indagini sierologiche nel paziente indice e nella persona esposta devono essere eseguite solo nel caso in cui si é trattato effettivamente di una esposizione rilevante con rischio potenziale di contagio HIV. I costi di queste analisi non possono essere né a carico del paziente indice né a carico dell'impiegato.
Il medico responsabile dovrebbe essere in condizioni di fornire informazioni sul rischio di trasmissione dell'HIV, sulla contagiosità nella fase di incubazione (gravidanza, partner sessuale, donazione di sangue, allattamento) e sui sintomi di un'eventuale infezione primaria da HIV. Egli dovrebbe informare in modo ottimale sul senso di una profilassi antiretrovirale. Oltre all'assistenza in urgenza, dovrebbe essere assicurata anche la presa a carico medica ulteriore. I medicamenti raccomandati in questo articolo per la chemioprofilassi dovrebbero essere disponibili per l'uso immediato in tutte le istituzioni nelle quali vengono curati pazienti con infezione HIV. Come per tutti gli incidenti sul lavoro, é necessario l'annuncio all'assicurazione anche nel caso di un'esposizione all'HIV (legge concernente gli incidenti sul lavoro e al di fuori di esso). Inoltre presunte o effettive esposizioni ad HIV, HBV e HCV, dovrebbero essere annunciate tramite apposito formulario ai centri di riferimento designati dall'Ufficio federale della salute pubblica (per il Ticino e la Svizzera romanda: Centre hospitalier universitaire vaudois, Prof. P. Francioli, Division autonome de médecine préventive hospitalière, 1011 Losanna, Tel 021/314.02.52; per la Svizzera tedesca: ospedale universitario di Zurigo, Dr. J. Jost, Abteilung Infektionskrankheiten und Spitalhygiene, Rämistrasse 100, 8091 Zürich, Tel 01/255.33.22). Non devono per contro essere annunciati esposizioni senza un rischio effettivo, ossia nel caso in cui presso il paziente indice non vi siano indizi né sierologici né anamnestici di un'infezione trasmissibile per via ematica. Per contro, persone nell'ambito sanitario nelle quali é stata iniziata una terapia antiretrovirale, devono essere annunciate in ogni caso. In tale contesto deve essere garantito il trattamento confidenziale dei dati.